Direttore: C. Urso (Firenze)


Fascicolo di Human Pathology dedicato al Dr. Wallace Clark.


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Dermatopatologia - Dr. C. Urso
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ARCHIVIO 2000-2008

IL NEVO DISPLASTICO, DA CLARK AI GIORNI NOSTRI

Il concetto di nevo displastico origina dai moderni studi sul melanoma familiare iniziati negli scorsi anni 50 da E. P. Cawley [1]. Clark et al. nel 1978 definiscono la B-K mole syndrome come condizione genetica, a trasmissione autosomica dominante, caratterizzata da numerosi (10-100) nevi, per lo più grandi (5-15mm), di colore variegato, a contorno irregolare. Questi nevi (B-K moles), indicati come precursori del melanoma familiare, presentano fibroplasia e infiltrato linfocitario dermico associati ad una iperplasia atipica (displasia) dei melanociti [2]. Una condizione simile caratterizzata da numerosi nevi è descritta pressoché contemporaneamente dal gruppo di Lynch (Familial Atypical Multiple Mole-Melanoma (F.A.M.M.M.) syndrome) [3]. Nel 1980, Elder et al. descrivono un gruppo di pazienti con melanoma cutaneo e numerosi nevi, ma senza storia familiare per la malattia. I nevi di questi pazienti sono identici alle B-K moles e la condizione viene interpretata come variante non familiare (sporadica) della B-K mole syndrome. Le lesioni melanocitiche caratteristiche vengono ridenominate nevi displastici e le due condizioni indicate come sindrome del nevo displastico, familiare e sporadica [4]. Clinicamente il nevo displastico è definito come una lesione maculare o maculopapulare, del diametro di circa 10 mm, a contorno irregolare, di colore variegato, marrone, bruno, nero e rosa. Istologicamente il nevo displastico è definito come un nevo composto che mostra iperplasia atipica o displasia melanocitica, fibroplasia, neoformazione vascolare e infiltrazione linfoide dermiche [1], riconoscendo due distinti quadri: displasia lentigginosa (melanociti basali, per lo più singoli, lungo creste interpapillari allungate, con artefatti di retrazione citoplasmatica) e displasia epitelioide (melanociti grandi, talora a nucleolo prominente, con abbondante citoplasma e fini granuli melanici, in nidi pleomorfi, confluenti, orizzontali) [4]. La fibroplasia dermica può essere fine, lamellare, o eosinofila concentrica, con ampie bande di collageno acellulato [5]. Dopo tali formulazioni, però, le opinioni sui caratteri istologici del nevo displastico cominciano subito a divergere. Secondo Ackerman sono sufficienti estensione laterale (spalla) e nidi melanocitici irregolari; l’atipia citologica e gli altri caratteri sono considerati non necessari per la diagnosi [6]. Vengono convocate due Consensus Conferences per precisare il profilo clinico-istologico della lesione e il suo presunto ruolo come precursore e marker di rischio per il melanoma, una nel 1984 e una nel 1992 [7-8]; poi, ancora nel 1991 i patologi convenuti per il WHO Melanoma Programme stabiliscono i loro criteri [9]. Un articolo del 1991 mostra così già una situazione caotica con una babele di criteri e caratteri [10]. Ma. a questo si aggiungono altri problemi. Se infatti il nevo displastico è un’entità clinico-istologica, ad una certa lesione identificata con l’esame clinico deve corrispondere una certa istologia e viceversa. Questo elementare principio nel caso del nevo displastico trova subito difficoltà. Vengono infatti presto segnalate lesioni che mostravano i caratteri istologici, ma non clinici del nevo displastico [11-13].I caratteri clinici (margini irregolari e indistinti, colore variegato, grandi dimensioni), inoltre, non appaiono specifici, perché identici a quelli usati per diagnosticare il melanoma. Problemi infine si pongono anche nei confronti dei nevi comuni. I nevi displastici, infatti, se grandi, non nascono sicuramente come lesioni grandi; nella fase della loro vita nelle quale essi saranno quindi piccoli, saranno poco distinguibili dai nevi comuni. Inoltre, i margini indistinti di una lesione melanocitica non sono dovuti che al periferico accrescersi del nevo e il nevo displastico non è certo la sola lesione che cresce [14-15].Nel contempo in alcuni studi comincia ad apparire che il nevo displastico è controverso anche come entità istologica. Il quadro della “iperplasia lentigginosa persistente” si può osservare, oltre nel nevo displastico nella lentigo simplex e nel nevo giunzionale in fase iniziale. L’“atipia nucleare melanocitica”, non “uniforme”, ma “random” [2], è così lieve e saltuaria da non essere distinguibile dal leggero occasionale polimorfismo dei melanociti osservabile nella maggioranza dei nevi giunzionali e composti [14]. L’infiltrato linfocitico dermico è presente anche in alcuni nevi composti, nel nevo di Spitz, nel nevo con alone, nel melanoma; la fibroplasia, oltre che nel nevo displastico, è osservato anche nella lentigo simplex, nel nevo giunzionale e in alcuni melanomi [14]. Considerando i caratteri istologici intraepidermici attribuiti al nevo displastico (diffusione radiale, proliferazione lentigginosa (Fig. 4), proliferazione a nidi disordinati e atipia citologica) in una serie di lesioni con e senza i caratteri clinici, non si identificano due distinte entità istologiche (n. comune e n. displastico), ma uno spettro di lesioni, presumibilmente a crescente attività proliferativa, in cui un limite tra lesioni che implicano e non implicano un aumentato rischio non può essere fissato obiettivamente [16]. La ragione di tale situazione di stallo nella definizione dei criteri istologici diagnostici del nevo displastico risiede nel modo in cui essi sono stati cercati. Infatti la loro enunciazione è stata fatta attraverso lo studio di lesioni selezionate su base clinica, cioè veniva prima deciso clinicamente che un nevo era displastico e dopo venivano rilevati i caratteri istologici della lesione, che quindi erano considerati come caratteri distintivi [17].Il nevo displastico è proposto come precursore istogenetico e marker di rischio per il melanoma [2,4], ma tale proposizione non è accettata da tutti. Ackerman considera la lesione una mera variante istologica del nevo comune, senza implicazioni di rischio: nella sua serie di oltre 75000 melanomi circa l’80% delle neoplasie risultano insorte de novo (non su un preesistente nevo), dimostrando che il più comune precursore del melanoma è la “normale” popolazione melanocitica giunzionale epidermica non correlata ad alcun tipo di nevo [15]. Alcuni studi, tuttavia, tentano di dimostrare il ruolo di precursore del melanoma ricercando l’eventuale residuo nevo displastico accanto al melanoma, ma le ricerche sono inficiate dalla difficoltà di distinguere tale residuo dalle aree periferiche del melanoma [18-19].Inoltre, una grande mole di studi speciali sono eseguiti sul nevo displastico, tutti più o meno nell’ottica della cosiddetta tumor progression, enunciata dal gruppo di Clark. I tumori melanocitici rappresentano una progressione in senso neoplastico dal nevo comune, via nevo displastico, al melanoma in fase radiale, al melanoma in fase verticale e infine al melanoma metastastico [5], quindi eventuali parametri intermedi nel nevo displastico ne dimostrerebbero il ruolo di precursore. Un certo numero di parametri indagati nei nevi displastici con studi speciali risultano aumentati: diametro [20], area, perimetro e fattore di forma dei nuclei [21], frazione di nuclei con contenuto di DNA iperploide e tetraploide, coefficiente di variabilità dell’area nucleare [22], regioni organizzatrici nucleolari (AgNOR) [23-24], attività telomerasica [25], espressione dei gangliosidi GD2 e GD3 e del recettore del fattore di crescita epidermico (EGF) [26], espressione di feomelanina/ eumelanina [27], tenascina, fibronectina e collageno I-III-VI [28], catepsina D [29], antigene X-MEL [30], SPARC [31], versican [32], PAR-1 [33], Notch 1-2 [34], bFGF e SCF [35], Mcl-1 [36], nucleolina [37], ciclina D1 e D3 [38], attività proliferativa dei melanociti rilevata con marcatura con timidina triziata [39] o attraverso l’espressione immunoistochimica della proteina nucleare della cellula proliferante (PCNA) [40], densità dei microvasi [41], sensibilità del DNA agli UVB [42]. Alcuni altri elementi risultano alterati o modificati: mela3 nosomi ultrastrutturalmente aberranti [43], minore espressione dell’oncogene Bcl-2 [44], anomalie nel contenuto e nella sequenza del DNA nucleare [instabilità dei micro-satelliti (MSI), perdita di eterozigosi (LOH)] [45], minore frequenza di mutazioni in N-ras [46], diminuzione dell’indice di acido nucleico (DNA/ RNA) [47], delezioni nei cromosomi 9p21 (p16) e 17p13 (p53) [48]. Tutti questi parametri risultano aumentati (intermedi) o anomali, tuttavia, appaiono spesso più vicini ai parametri trovati nei nevi comuni, piuttosto che a quelli rilevati nel melanoma. I dati inoltre risentono certamente della incertezza e confusione nella definizione istologica del nevo displastico e bisognerebbe verificare di volta in volta che tipo di lesioni gli autori hanno esattamente studiato, cosa spesso impossibile per la genericità dei dati relativi alla selezione dei casi. Infine, alcuni studi indagano l’entità del presunto rischio di melanoma nei pazienti con nevi displastici cercando di graduare l’atipia dei nevi, ma vi sono dubbi sul calcolo del rischio e la riproducibilità ottenuta nel grading è troppo bassa per avere il metodo valore pratico [49-50]. In conclusione, ad oggi, non è dimostrato che il “nevo displastico” (istologicamente determinato) sia precursore del melanoma, in misura maggiore di altri nevi, né che sia marcatore di rischio del melanoma. Il nevo displastico non è una lesione borderline, ma una lesione benigna che talora può entrare in diagnosi differenziale col melanoma. Pare quindi ragionevole ad oggi considerare tali lesioni mere varianti morfologiche del nevo, senza particolari implicazioni di rischio nei confronti del melanoma. I caratteri istologici principali di queste lesioni includono: estensione laterale o “spalla”, nidi giunzionali irregolarmente orientati (proliferazione a nidi disordinati-bridging), pattern lentigginoso, atipia citologica (lieve-moderata, discontinua), fibroplasia e flogosi linfocitaria dermica; i termini più usati sono nevo displastico, nevo con disordine architetturale con o senza atipia citologica (nevo con atipia architetturale, nevo con atipia citoarchitetturale) e nevo di Clark.

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