Fascicolo di Human Pathology dedicato al Dr. Wallace Clark.
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Dermatopatologia - Dr. C. Urso
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IL NEVO DISPLASTICO, DA CLARK AI GIORNI NOSTRI
Il concetto di nevo displastico origina dai
moderni studi sul melanoma familiare iniziati
negli scorsi anni 50 da E. P. Cawley [1]. Clark
et al. nel 1978 definiscono la B-K
mole syndrome come condizione genetica, a
trasmissione autosomica dominante, caratterizzata
da numerosi (10-100) nevi, per lo più grandi
(5-15mm), di colore variegato, a contorno irregolare.
Questi nevi (B-K moles), indicati come
precursori del melanoma familiare, presentano
fibroplasia e infiltrato linfocitario dermico associati
ad una iperplasia atipica (displasia) dei melanociti
[2]. Una condizione simile caratterizzata da numerosi
nevi è descritta pressoché contemporaneamente
dal gruppo di Lynch (Familial Atypical
Multiple Mole-Melanoma (F.A.M.M.M.) syndrome)
[3]. Nel 1980, Elder et al. descrivono un gruppo di
pazienti con melanoma cutaneo e numerosi nevi,
ma senza storia familiare per la malattia. I nevi di
questi pazienti sono identici alle B-K moles e la
condizione viene interpretata come variante non
familiare (sporadica) della B-K mole syndrome. Le
lesioni melanocitiche caratteristiche vengono ridenominate
nevi displastici e le due condizioni indicate
come sindrome del nevo displastico, familiare
e sporadica [4]. Clinicamente il nevo displastico
è definito come una lesione maculare o maculopapulare,
del diametro di circa 10 mm, a contorno
irregolare, di colore variegato, marrone,
bruno, nero e rosa. Istologicamente il nevo displastico
è definito come un nevo composto che
mostra iperplasia atipica o displasia melanocitica,
fibroplasia, neoformazione vascolare e infiltrazione
linfoide dermiche [1], riconoscendo due distinti
quadri: displasia lentigginosa (melanociti basali,
per lo più singoli, lungo creste interpapillari allungate,
con artefatti di retrazione citoplasmatica) e
displasia epitelioide (melanociti grandi, talora a
nucleolo prominente, con abbondante citoplasma
e fini granuli melanici, in nidi pleomorfi, confluenti,
orizzontali) [4]. La fibroplasia dermica può essere
fine, lamellare, o eosinofila concentrica, con ampie
bande di collageno acellulato [5]. Dopo tali formulazioni,
però, le opinioni sui caratteri istologici
del nevo displastico cominciano subito a divergere.
Secondo Ackerman sono sufficienti estensione
laterale (spalla) e nidi melanocitici irregolari;
l’atipia citologica e gli altri caratteri sono
considerati non necessari per la diagnosi [6].
Vengono convocate due Consensus Conferences
per precisare il profilo clinico-istologico della lesione
e il suo presunto ruolo come precursore e marker
di rischio per il melanoma, una nel 1984 e una
nel 1992 [7-8]; poi, ancora nel 1991 i patologi convenuti
per il WHO Melanoma Programme stabiliscono
i loro criteri [9].
Un articolo del 1991 mostra così già una situazione
caotica con una babele di criteri e caratteri
[10]. Ma. a questo si aggiungono altri problemi. Se
infatti il nevo displastico è un’entità clinico-istologica,
ad una certa lesione identificata con l’esame
clinico deve corrispondere una certa istologia e
viceversa. Questo elementare principio nel caso
del nevo displastico trova subito difficoltà. Vengono
infatti presto segnalate lesioni che mostravano
i caratteri istologici, ma non clinici del nevo displastico
[11-13].I caratteri clinici (margini irregolari e indistinti,
colore variegato, grandi dimensioni), inoltre, non
appaiono specifici, perché identici a quelli usati
per diagnosticare il melanoma. Problemi infine si
pongono anche nei confronti dei nevi comuni. I
nevi displastici, infatti, se grandi, non nascono
sicuramente come lesioni grandi; nella fase della
loro vita nelle quale essi saranno quindi piccoli,
saranno poco distinguibili dai nevi comuni. Inoltre,
i margini indistinti di una lesione melanocitica non
sono dovuti che al periferico accrescersi del nevo
e il nevo displastico non è certo la sola lesione
che cresce [14-15].Nel contempo in alcuni studi comincia ad apparire
che il nevo displastico è controverso anche come
entità istologica. Il quadro della “iperplasia lentigginosa
persistente” si può osservare, oltre nel
nevo displastico nella lentigo simplex e nel nevo
giunzionale in fase iniziale. L’“atipia nucleare melanocitica”,
non “uniforme”, ma “random” [2], è così
lieve e saltuaria da non essere distinguibile dal
leggero occasionale polimorfismo dei melanociti
osservabile nella maggioranza dei nevi giunzionali
e composti [14]. L’infiltrato linfocitico dermico è
presente anche in alcuni nevi composti, nel nevo
di Spitz, nel nevo con alone, nel melanoma; la
fibroplasia, oltre che nel nevo displastico, è osservato
anche nella lentigo simplex, nel nevo giunzionale
e in alcuni melanomi [14]. Considerando i
caratteri istologici intraepidermici attribuiti al nevo
displastico (diffusione radiale, proliferazione lentigginosa
(Fig. 4), proliferazione a nidi disordinati
e atipia citologica) in una serie di lesioni con e
senza i caratteri clinici, non si identificano due
distinte entità istologiche (n. comune e n. displastico),
ma uno spettro di lesioni, presumibilmente
a crescente attività proliferativa, in cui un limite tra
lesioni che implicano e non implicano un aumentato
rischio non può essere fissato obiettivamente
[16]. La ragione di tale situazione di stallo nella
definizione dei criteri istologici diagnostici del nevo
displastico risiede nel modo in cui essi sono stati
cercati. Infatti la loro enunciazione è stata fatta
attraverso lo studio di lesioni selezionate su base
clinica, cioè veniva prima deciso clinicamente che
un nevo era displastico e dopo venivano rilevati i
caratteri istologici della lesione, che quindi erano
considerati come caratteri distintivi [17].Il nevo displastico è proposto come precursore
istogenetico e marker di rischio per il melanoma
[2,4], ma tale proposizione non è accettata
da tutti. Ackerman considera la lesione una
mera variante istologica del nevo comune, senza
implicazioni di rischio: nella sua serie di oltre
75000 melanomi circa l’80% delle neoplasie
risultano insorte de novo (non su un preesistente
nevo), dimostrando che il più comune precursore
del melanoma è la “normale” popolazione melanocitica
giunzionale epidermica non correlata ad alcun
tipo di nevo [15]. Alcuni studi, tuttavia, tentano
di dimostrare il ruolo di precursore del melanoma
ricercando l’eventuale residuo nevo displastico
accanto al melanoma, ma le ricerche sono inficiate
dalla difficoltà di distinguere tale residuo
dalle aree periferiche del melanoma [18-19].Inoltre, una grande mole di studi speciali
sono eseguiti sul nevo displastico, tutti più o meno
nell’ottica della cosiddetta tumor progression,
enunciata dal gruppo di Clark. I tumori melanocitici
rappresentano una progressione in senso neoplastico
dal nevo comune, via nevo displastico, al
melanoma in fase radiale, al melanoma in fase
verticale e infine al melanoma metastastico [5],
quindi eventuali parametri intermedi nel nevo
displastico ne dimostrerebbero il ruolo di precursore.
Un certo numero di parametri indagati nei
nevi displastici con studi speciali risultano aumentati:
diametro [20], area, perimetro e fattore di
forma dei nuclei [21], frazione di nuclei con
contenuto di DNA iperploide e tetraploide, coefficiente
di variabilità dell’area nucleare [22], regioni
organizzatrici nucleolari (AgNOR) [23-24], attività
telomerasica [25], espressione dei gangliosidi
GD2 e GD3 e del recettore del fattore di crescita
epidermico (EGF) [26], espressione di feomelanina/
eumelanina [27], tenascina, fibronectina e
collageno I-III-VI [28], catepsina D [29], antigene
X-MEL [30], SPARC [31], versican [32], PAR-1
[33], Notch 1-2 [34], bFGF e SCF [35], Mcl-1 [36],
nucleolina [37], ciclina D1 e D3 [38], attività proliferativa
dei melanociti rilevata con marcatura con
timidina triziata [39] o attraverso l’espressione immunoistochimica
della proteina nucleare della
cellula proliferante (PCNA) [40], densità dei microvasi
[41], sensibilità del DNA agli UVB [42]. Alcuni
altri elementi risultano alterati o modificati: mela3
nosomi ultrastrutturalmente aberranti [43], minore
espressione dell’oncogene Bcl-2 [44], anomalie
nel contenuto e nella sequenza del DNA nucleare
[instabilità dei micro-satelliti (MSI), perdita di
eterozigosi (LOH)] [45], minore frequenza di mutazioni
in N-ras [46], diminuzione dell’indice di acido
nucleico (DNA/ RNA) [47], delezioni nei cromosomi
9p21 (p16) e 17p13 (p53) [48]. Tutti questi
parametri risultano aumentati (intermedi) o anomali,
tuttavia, appaiono spesso più vicini ai parametri
trovati nei nevi comuni, piuttosto che a quelli
rilevati nel melanoma. I dati inoltre risentono certamente
della incertezza e confusione nella definizione
istologica del nevo displastico e bisognerebbe
verificare di volta in volta che tipo di lesioni
gli autori hanno esattamente studiato, cosa
spesso impossibile per la genericità dei dati
relativi alla selezione dei casi. Infine, alcuni studi
indagano l’entità del presunto rischio di melanoma
nei pazienti con nevi displastici cercando di
graduare l’atipia dei nevi, ma vi sono dubbi sul
calcolo del rischio e la riproducibilità ottenuta nel
grading è troppo bassa per avere il metodo valore
pratico [49-50].
In conclusione, ad oggi, non è dimostrato
che il “nevo displastico” (istologicamente determinato)
sia precursore del melanoma, in misura
maggiore di altri nevi, né che sia marcatore di rischio
del melanoma. Il nevo displastico non è una
lesione borderline, ma una lesione benigna che
talora può entrare in diagnosi differenziale col melanoma.
Pare quindi ragionevole ad oggi considerare
tali lesioni mere varianti morfologiche del
nevo, senza particolari implicazioni di rischio nei
confronti del melanoma. I caratteri istologici principali
di queste lesioni includono: estensione laterale
o “spalla”, nidi giunzionali irregolarmente
orientati (proliferazione a nidi disordinati-bridging),
pattern lentigginoso, atipia citologica (lieve-moderata,
discontinua), fibroplasia e flogosi linfocitaria
dermica; i termini più usati sono nevo displastico,
nevo con disordine architetturale con o senza
atipia citologica (nevo con atipia architetturale,
nevo con atipia citoarchitetturale) e nevo di Clark.
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